(gli ebook) Non si vendono per romanzi e narrativa ma funzionano per testi di formazione. Con i libri digitali gli autori guadagnano di più. Gli editori risparmiano sui costi. E l’opportunità è anche per chi li vende. Il settore è agli inizi, ma chi primo arriva…
Inizia così un lungo articolo del numero di novembre della rivista Millionaire dedicato agli e-book. Bè, anche io e Noa Carpignano siamo stati intervistati, e ovviamente diciamo le cose più intelligenti. Peccato che non ci sia la mia foto, invece Noa compare a pag. 111.
Certo che una rivista come questa, dedicata al business, che chiude un articolo così importante (l’inchiesta del mese) riservando uno spazio anche all’accessibilità degli e-book, bè fa davvero piacere. Ormai l’hanno capito tutti che l’accessibilità rende, eccetto i Webmaster. A dire la verità, certi Webmaster.
E che dire dopo la notizia dell’accordo siglato fra Google e le associazioni di editori americani? Ne vedremo delle belle, è certo.
Allora è uscito!
Corro a comprarlo!!!
LIVIO!!!
ma dai!
😀 😀 😀 😀
Comprato! Letto!
Complimenti a entrambi
…ma la foto di NOA?
Quella vera! Millantatrice!
Non posso credere che Giacomo Bruno sia più interessante e fotogenico!
di Noa??? sei scortese, dai 🙂
Mi aspettavo la foto con il cappotto citata nel post!
E’ stata una scelta editoriale?
ma avete finito di prendermi in giro?
😀
Acc mi son sbagliato, era pag. 111 ma di Penthouse, non di Millionaire!
Corro a comprare pure quello allora!
Parliamo di cose serie:
ho capito tutto!
Gli e-book servono a fare milioni di euro
parlando di autostima!
Parliamo di cose serie, sì 🙂
È il primo servizio che leggo sull’argomento ebook che abbia così largo respiro (se ce ne sono altri in giro segnalate please), e che non ragli le solite storie sull’odore della carta e ommimì dove andremo a finire con tutta questa tecnologia.
E poi, quanti sono i giornalisti che si informano prima di scrivere? Quanti cercano davvero di capire? Silvia Messa lo ha fatto.
E se con gli altri ha fatto come con me – e non ho motivo di dubitarne –, ha scritto un terzo di quello che avrebbe avuto da dire, al contrario di alcuni suoi colleghi che da due parole che conoscono tirano fuori mezza pagina di scelleratezze 😀
Penso quindi che, compatibilmente con il registro richiesto dalle finalità dell’articolo (e della rivista), la giornalista abbia veramente raccolto più materiale di quanto le servisse, e abbia lavorato di neuroni e di tastiera in modo indipendente. Cosa rara.
Direi che sono del tutto d’accordo.
Ora sono veramente serio:
Concordo in pieno con voi.
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