Meno male, verrebbe da dire leggendo il documento del CNIPA intitolato “Linee guida di progettazione e sviluppo per i siti delle Pubbliche Amministrazioni” a cura di CNIPA, Telecom, Elsag e Engineering.
Questo documento, dichiarato “versione perpetual beta”, che vai a sapere cosa significa, “è stata curato dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese (Telecom Italia, Engineering Ingegneria Informatica, Elsag Datamat) incaricato della progettazione, realizzazione e gestione dei servizi relativi ai siti web e della relativa conduzione dei sistemi, con la supervisione del CNIPA”.
A che serve? Bella domanda. Dovrebbe essere un documento che specifica linee guida per:
- e presenti Linee Guida con lo scopo di suggerire un’impostazione per la progettazione e lo sviluppo di un sito web, individuando le domande e i contesti normativi di riferimento a cui dover rispondere prima di avviare la progettazione esecutiva;
- e il documento Modello operativo a supporto delle Linee Guida per fornire risposte pratiche e operative per la progettazione di un sito web, attraverso la definizione di un set di regole per ciascuno degli elementi tipici (componenti) della progettazione di un sito istituzionale.
Nell’ambito del Sistema Pubblico di Connettività e Cooperazione (SPC).
È davvero curioso che i fornitori forniscano al loro cliente delle linee guida, mi immagino che chi scrive le regole venga poi escluso dagli appalti oppure sarebbe un bel conflitto di interessi, ma non è solo questo l’aspetto inquietante. Con la scusa dell’infrastruttura tecnologica a favore dell’interoperabilità e cooperazione fra le pubbliche amministrazioni (che di per sé è un principio encomiabile, anche se è abbastanza logico pensare che se le amministrazioni funzionassero a dovere non ce ne sarebbe bisogno), i redattori delle linee guida si lanciano in una analisi del Web che verrà, che ovviamente sarà Web 2.0, sigla dietro la quale di solito si cela “il pacco”. Sarà così anche in questo caso?
Ci si chiede legittimamente dove sono stati negli ultimi anni Telecom, Elsag ed Engineering. Caspita, che scopertona! Addirittura il mashup! Accidenti.
Dopo questa scoperta, il documento analizza la normativa, correttamente. In Italia bisogna fare i conti con alcune leggi, lo sappiamo tutti (tanto per dirne una, la Stanca). Poi c’è il Codice dell’amministrazione digitale e le sue richieste. A questo punto, l’affare si ingrossa.
Sollevando una grossa confusione terminologica e tecnica, il documento si addentra in una analisi di leggi, requisiti, congressi.
A un certo punto si arriva a un argomento abbastanza importante: 5.2. Perché progettare un sito accessibile e usabile.
Qui ci viene spiegato che ci sono molti buoni motivi per progettare in un’ottica di usabilità e accessibilità. Il primo è che un sito usabile e accessibile è semplice da progettare (pag. 21 del PDF). Giuro, c’è scritto così.
Poi si afferma che l’accessibilità non limita la creatività, perché art director e visual designer sono già abituati a lavorare tenendo ben presenti molti vincoli, quindi il rispetto di alcune ulteriori regole non sarà una difficoltà accessiva. Inoltre, un sito accessibile è facile da mantenere.
E così via, con queste amenità. Nessun accenno a standard, best practice universalmente riconosciute, Il Manuale delle Giovani Marmotte del Webbista. Ricordo ancora una volta, stiamo parlando di Telecom, Elsag ed Engineering con la supervisione del CNIPA.
Finalmente si arriva a qualcosa che forse assomiglia a una linea guida: 6. Linee guida per la progettazione e lo sviluppo dei siti Web. Bene, vediamo.
Si esaurisce tutto in mezza pagina: i metodi proposti sono due:
- una metodologia progettuale classica, strutturata, che utilizza tecniche di verifica centrate sull’utente garantendo, se correttamente eseguita, la qualità ottimale del sito.
Ma, più bello:
- oppure optare, se il contesto lo richiede (poco tempo a disposizione, impossibilità di coinvolgere immediatamente l’utenza, ecc), verso tecniche di progettazione più agili che velocizzano la fase progettuale e di sviluppo proponendo in tempi brevi il prodotto on-line in uno stato di “beta perpetuo” e che si concentrano sull’ascolto delle esigenze e dei feedback dell’utenza dopo la messa on-line del sito.
Fine delle linee guida. Praticamente, si consiglia di mettere on-line siti piuttosto approssimativi, in beta perpetuo, da raffinare man mano, perché così si fa più alla svelta.
Ammazza, che bel consiglio! Peccato che contravvenga a tutte le leggi, le linee guida, al codice dell’amministrazione digitale e alle stesse raccomandazioni che costituiscono (?) le linee guida citate come fondamento di queste stesse linee guida.
Si prosegue con una serie di perle di saggezza, come “è dunque necessario chiedersi: qual è lo scopo del sito? Perché è necessario crearlo? Quali sono i suoi utenti elettivi?“. Che illuminazione.
E poi via con il Web Design, che per prima cosa prevede la scelta dell’architettura dell’informazione del sito. Ebbè.
Si arriva proseguendo nella lettura del bigino allo sviluppo del sito (siamo già a pag. 69) e qui si straparla di MPC, a detta dei redattori il pattern (?) più diffuso. Sì, i siti della P.A. Web 2.0 sono fatti tutti con Ruby on Rails, Struts e Spring.
Ah ma forse si riferivano a dot.net…
Scorri scorri, altra serie di riassuntini, ma dove sono le linee guida? Niente, si arriva in fondo e di linee guida non c’è l’ombra. È una specie di bigino fatto a colpi di copia/incolla sui più vari argomenti dello sviluppo Web.
Sempre se con linee guida si intendono delle raccomandazioni suggerite, prodotte attraverso un processo sistematico, finalizzate ad assistere gli operatori a decidere quali siano le modalità più adeguate in specifiche circostanze.
A parte alcuni grossolani errori (tanto è in perpetual beta…), viene da chiedersi a che serva questo documento. Viene da pensare che Telecom, Elsag ed Engineering non abbiano la possibilità di comprare qualche libro ai propri tecnici, un bel libro completo e non il riassuntino?
Insomma, ci sono tre redattori, cinque verificatori, un approvatore del documento. Non era meglio proporre una bibliografia raccomandata?
E i PDF, non è meglio renderli disponibili in modo che siano accessibili? Non si riesce nemmeno a fare un semplice copia/incolla, tanto sono fatti male. Eppure la Stanca lo richiede, che facciamo predichiamo bene e razzoliamo male? Già, il Web 2.0.
Il problema nasce dal fatto che non stiamo parlando di un libretto, un manualino, qualcosa fatto in proprio. Questi documenti sono stati presentati come:
“Roma, 24 marzo 2009 – Standardizzare un modello web 2.0 per i siti della PA e offrire una misurazione dei reali benefici forniti dai progetti di gestione: su questi temi il CNIPA, in collaborazione con Engineering, Elsag Datamat e Telecom Italia, ha predisposto specifici documenti di indirizzo che sono stati presentati lo scorso 24 marzo 2009 a Roma in un incontro con le Amministrazioni centrali e locali aderenti ai servizi previsti dall’Accordo Quadro CNIPA n. 4/2007.
I documenti, in linea con il Piano eGov 2012 recentemente emanato dal Governo, intendono fornire i primi strumenti di guida alle Amministrazioni, al fine di coinvolgerle nella evoluzione degli stessi e nella eventuale costituzione di una community incentrata sull’innovazione e sul miglioramento della qualità dei servizi”.
Standardizzare un modello Web 2.0 per i siti della PA? In questo modo? E mi raccomando, pubblicate Linee Guida in perpetual beta coperte da copyright (Il presente documento ed i suoi contenuti sono di proprietà del Centro l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) e sono protetti dalle norme sul d irnitatozi odn’aauleto rpee er dalle altre norme applicabili)[1. non ho corretto volontariamente il testo, questo è quello che si ottiene con il copia/incolla, pag. 8.]. Ma per favore.
E mi chiedo: o consorzio temporaneo di imprese fino ad oggi, 2009, che cosa avete fatto se improvvisamente adesso vi viene in mente che i siti devono essere accessibili e usabili tanto da dover produrre delle linee guida? Come li avete realizzati i vostri siti? Volete gli applausi perché con cinque anni di ritardo vi siete accorti delle necessità del Web e delle richieste delle leggi italiane?