Il vero problema dell'accessibilità? L'estetica

spartitoSembra una boutade, ma alla radice sembra esserci proprio questa motivazione. Se ci riflettete un attimo, quante volte si è sentito dire “ah, ma i siti accessibili son brutti”, oppure sono stati predisposti siti alternativi solo testo come contraltare a quello che avrebbe dovuto essere il sito, quello bello?

Non molto tempo fa ho partecipato al convegno annuale di Porte Aperte sul Web, e mi è stata fatta la stessa domanda: i siti accessibili sono brutti? Ho risposto dicendo non so che siti frequenta lei, ma devono essere di scarsa qualità. Dove sta scritto che l’accessibilità obbliga alla bruttezza? Perché le carenze del progettista vengono motivate in questo modo, e tutti accettano di buon grado questa mistificazione?

Certo, l’accessibilità obbliga a ragionare, a riflettere, a prendere decisioni. Meglio far finta di niente, e dire che se non viene bello è colpa dell’accessibilità.

E non solo sul Web: della faccenda ponte Calatrava di Venezia si parla e si parlerà ancora a lungo, mi colpisce però questa affermazione di Pino Toso, il consigliere comunale del Pd che ha rassegnato le sue dimissioni da consigliere delegato del sindaco per l’abbattimento delle barriere architettoniche del comune di Venezia.

«Non è vero – dice Toso – che Calatrava non avesse pensato in origine ad un’opera completamente accessibile. Il progetto approvato con delibera del Consiglio comunale a fine 1998 prevedeva un servoscala a scomparsa. Poi, si è messo in mezzo il “partito dei cultori della pietra e del mattone” e si è scoperto che l’accessibilità sarebbe stata un problema e una bruttura. Nel 2002 la Salvaguardia approvò il progetto anche se non prevedeva alcun ausilio e questo fu l’inizio della battaglia. Vedete – prosegue Toso – non sono contro il ponte, anzi lo considero bellissimo. È proprio questo il punto: un’opera così bella deve essere fruibile da tutti».

Da applauso, non trovate? Chapeau a Toso.

Ponti che separano: il ponte Calatrava a Venezia

Da Wikipedia: un ponte è una struttura utilizzata per superare un ostacolo naturale o artificiale, che si antepone alla continuità di una via di comunicazione. Avremo dei ponti propriamente detti se l’ostacolo è rappresentato da un corso d’acqua, avremo dei viadotti se l’ostacolo è una vallata (discontinuità orografica), avremo dei cavalcavia se l’ostacolo è rappresentato da un’altra via di comunicazione.

È di questi giorni la notizia della possibile inaugurazione dell’ormai famigerato “ponte Calatrava” di Venezia. Da anni questo progetto solleva discussioni, dubbi e perplessità ed è molto facile trovarne traccia sul Web, quindi non entrerò nel dettaglio, né mi sembra interessante discutere delle abilità di Calatrava.

Del ponte sono state date molte definizioni, fra cui la migliore mi sembra “il ponte assurdo“.

Questo ponte è nato male, e la sua storia è proseguita peggio. Ma la cosa di cui voglio parlare è l’accessibilità del ponte. Tristemente, questa opera di ingegno non è stata progettata (come al solito?) con l’accessibilità in mente, né il progettista a fronte delle proteste sempre più numerose è riuscito ad elaborare una strategia risolutiva. Alla fine queste menti sono riuscite a partorire una cosa che soltanto a parlarne mi manda in bestia: soluzione? L’ovovia.

Non si riesce nemmeno a immaginare una bestialità simile: praticamente, a fianco del ponte verrà montato una specie di binario su cui si muoverà questa “ovovia” che dovrebbe permettere ai disabili di attraversare il ponte. Riporto dalla presentazione stampa:

Davanti al telaio in acciaio inox della cabina, di forma ellissoide, realizzato dalla Cignoni e dalla Pmp di Milano, e la cui scocca sarà ora ricoperta con plastica trasparente, e con pannelli opachi in carbonio alla base e alla copertura, Marco Zanon ha illustrato il funzionamento dell’ovovia, che è un prototipo assolutamente originale: la cabina, che porterà un disabile con carrozzina e un accompagnatore, sarà collocata in un vano interrato in calcestruzzo ai piedi del ponte, e sarà sollevata a livello del selciato con un pistone telescopico oleodinamico, che la poserà su una pedana ancorata al dispositivo trainante a cremagliera su due rotaie laterali al ponte e agganciate alle centine, azionato da quattro motori elettrici e guidato da un computer a tripla ridondanza (ma sarà sempre possibile l’intervento meccanico); al termine del percorso, che durerà sette-otto minuti, la cabina, dopo la discesa dei passeggeri, sarà fatta scendere nel vano interrato dall’altra parte del ponte.

l'ovovia di CalatravaRiuscite a immaginare quale mostruosità possa essere per un disabile restare appeso per aria a 10 metri di altezza sull’acqua in questa delirante ovovia? Perché, a parte l’angoscia del percorso (oltre all’altezza il ponte si alza e si abbassa a seconda del carico), che succederà quando il marchingegno si bloccherà? Perché è certo, si bloccherà prima o poi. Io non riesco ad esprimere il mio pensiero senza passare direttamente al turpiloquio.

In ogni caso, se avete due minuti di tempo, leggete l’eccellente post di Roberto Scano al riguardo, e firmate la petizione “Un ponte per tutti“. Saranno dieci minuti ben spesi.

ps: oggi pomeriggio l’assessore Pino Toso (consigliere comunale Pd e delegato del sindaco all’abbattimento delle barriere architettoniche) si è dimesso e il sindaco ha accolto le sue dimissioni.